Il Muro di Berlino fu un sistema di barriere attivo dal 1961 al 1989, eretto da parte del governo della Germania Est per impedire la libera circolazione delle persone verso la Germania Ovest.

Il “Muro” era un lungo sistema di recinzione in cemento armato, lungo 155 km e alto 3,6 metri, che circondò dal 1961 la parte occidentale della città di Berlino, appartenente alla giurisdizione della Germania Ovest, ampia circa 480 km² e comunemente detta Berlino Ovest, per separarla dalla parte orientale della stessa città, divenuta capitale della Germania Est e comunemente detta Berlino Est.

La frontiera tra Berlino Ovest e Berlino Est era fortificata militarmente da due muri paralleli di cemento armato, separati dalla cosiddetta “striscia della morte”, larga alcune decine di metri. Durante questi anni, in accordo con i dati ufficiali, furono uccise dalla polizia di frontiera almeno 133 persone mentre cercavano di superare il muro verso Berlino Ovest. In realtà tale cifra non comprendeva i fuggiaschi catturati dalla Germania Est: alcuni studiosi sostengono che furono più di 200 le persone uccise mentre cercavano di raggiungere Berlino Ovest o catturate e in seguito assassinate.

Il 9 novembre 1989, dopo diverse settimane di disordini pubblici, il governo della Germania Est annunciò che le visite in Germani Ovest e a Berlino Ovest sarebbero state permesse; dopo questo annuncio molti cittadini della Germania Est si arrampicarono sul muro e lo superarono per raggiungere gli abitanti della Germania Ovest dall’altro lato in un’atmosfera festosa. Durante le settimane successive piccole parti del muro furono demolite e portate via dalla folla e dai cercatori di souvenir; in seguito fu usata attrezzatura industriale per abbattere quasi tutto quello che ne era rimasto. Ancora oggi c’è un grande commercio di piccoli frammenti. Il frammento che è conservato al museo è stato prelevato dal presidente Mirco Ulandi.