Nella scuola campeggia la lavagna imponente con la scolaretta intenta alla lettura, mentre la maestra tiene il segno con la bacchetta. C’è il banco di legno a due posti, con i due calamai, dentro cui ogni mattina il bidello versava l’inchiostro. Ogni alunno estraeva dalla propria cartella di stoffa, di cartone, di legno o eccezionalmente di cuoio, il piccolo astuccio di legno, prendeva la penna a cannuccia, con il pennino inserito, la intingeva nell’inchiostro e scriveva sul quadernino di carta sottile. Possedeva la carta assorbente per asciugare l’inchiostro, una gomma rigida, che poteva aprire fori nelle pagine, e il nettapenne per pulire il pennino. Aveva una scatola di matite colorate, che poteva durare per tutti gli anni di scuola, e un temperino come una lama di coltello. L’atteggiamento severo della maestra è imputabile al fatto che gli alunni erano numerosi (da 40 a 70 per classe), anche se molti frequentavano la scuola saltuariamente, a seconda del bisogno che avevano i genitori a casa e in campagna. A volte esaurivano la loro frequenza nel primo anno e dovevano aver appreso a leggere, scrivere e a contare. Molte bambine non erano nemmeno mandate a scuola.